In caso di divorzio qual è l’obbligo di mantenimento ?
Fino ad oggi la giurisprudenza più autorevole ha rapportato il giudizio di adeguatezza dei mezzi economici del richiedente l’assegno di divorzio al parametro del “tenore di vita”. In particolare, la regola vuole che l’assegno periodico venga versato da parte del coniuge più ricco laddove l’altro non disponga dei mezzi per provvedervi autonomamente.
Il contenuto dell’obbligo di mantenimento tra i coniugi, con specifico riferimento al soddisfacimento dei bisogni fondamentali della vita del coniuge, cui non sia stata addebitata la separazione ed al tenore di vita adeguato alla posizione economico-sociale dei coniugi stessi, va stabilito in relazione al tipo di vita tenuto prima della separazione e nei limiti di quei bisogni connessi alla posizione sociale della famiglia.
Una volta cessato il vincolo coniugale è necessario intervenire in soccorso della parte che si appalesa economicamente più debole, stante la necessità che la stessa risulti “priva dei mezzi di sostentamento” oltreché materialmente “impossibilitata a mutare tale condizione”. Da questo momento il giudice, in ragione di una più equa determinazione del valore dell’assegno, dovrà procedere ad una valutazione che tenga conto delle condizioni dei coniugi, delle ragioni che hanno condotto al divorzio avendo altresì particolare riguardo “agli incrementi delle condizioni patrimoniali del coniuge obbligato che costituiscano naturale e prevedibile sviluppo dell’attività svolta durante il matrimonio” (Cassazione Civile, sentenza n. 3914 del 12 Marzo 2012).
Lo stesso assegno può avere carattere periodico o essere liquidato in una sola tranche, ferma restando la possibilità di una rivalutazione del suo valore qualora si riscontri un considerevole mutamento delle condizioni patrimoniali di uno degli ex coniugi tale da mettere in discussione la pronuncia che aveva stabilito, già in primo grado, la misura degli obblighi, in termini monetari, di una delle due parti in favore dell’altra.
Ma, a seguito di una recente pronuncia giurisprudenziale si assiste ad una significativa innovazione, da parte dei giudici di legittimità, secondo cui: “Il mantenimento non va riconosciuto a chi è indipendente economicamente”. Così la Suprema Corte, con sentenza n. 11504 pronunciata il 10 maggio 2017, segna una svolta decisiva in materia di divorzio fissando quei parametri che per anni avevano riconosciuto il diritto al mantenimento avendo come presupposto la garanzia del tenore di vita di cui il coniuge economicamente più debole – in tal caso con riferimento alla donna – godeva durante il matrimonio.
Ed infatti, il provvedimento in oggetto, in risposta al motivo di impugnazione con cui veniva denunciata la violazione e falsa applicazione della Legge n. 898/1970, art. 5, co. 6, a fronte del mancato riconoscimento del diritto all’assegno in favore dell’ex coniuge richiedente, afferma che una volta sciolto il matrimonio civile o cessati gli effetti civili derivanti dalla trascrizione del matrimonio concordatario il rapporto matrimoniale si estingue definitivamente sia per ciò che concerne lo status personale dei coniugi, i quali da questo momento in poi sono da considerarsi “persone singole”, sia per ciò che concerne i rapporti economico-patrimoniali e i doveri di assistenza morale e materiale. Una volta perfezionatasi la fattispecie estintiva del suddetto rapporto matrimoniale dovrà essere riconosciuto il diritto all’assegno di divorzio previo accertamento giudiziale della mancanza dei “mezzi adeguati” dell’ex coniuge richiedente l’assegno o, in ogni caso, dell’impossibilità da parte dello stesso “di procurarseli per ragioni oggettive”.
Un’attenta lettura del comma 6 dell’art. 5, della Legge 898/1970, evidenzia il formarsi di un giudizio strutturato in due fasi: la fase dell’an debeatur, volta verificare l’effettiva esistenza del diritto vantato e la fase, ad essa fisiologicamente connessa, del quantum debeatur, volta a determinare quantitativamente l’assegno. La ratio dell’art. 5, co. 6 risiede nel dovere inderogabile di “solidarietà economica” (art. 2 Cost.), il cui adempimento è richiesto ad entrambi gli ex coniugi, come persone singole, a tutela della persona economicamente più debole, in ragione della cosiddetta “solidarietà post-coniugale, e nella doverosità della sua “prestazione” (art. 23 Cost.).
Pertanto, ai fini del riconoscimento del diritto all’assegno di divorzio in favore dell’ex coniuge richiedente, sarà necessario procedere ad un accertamento volto ad individuare la mancanza dei “mezzi adeguati” e la conseguente impossibilità da parte dello stesso di procurarseli, fermo restando l’onere gravante su quest’ultimo “di dimostrare la sussistenza delle condizioni cui è subordinato il riconoscimento del relativo diritto” (Cass. Civ., sent. N. 11504/2017).
Scopo dell’odierna sentenza, in un’ottica di superamento del parametro anzidetto, è quello di giungere ad una indipendenza economica con conseguente realizzazione della propria personalità da parte degli ex coniugi al fine di evitare il riconoscimento di rendite eccessive e sproporzionate rispetto alla funzione assistenziale propria dell’assegno divorzile.
Le osservazioni critiche verso il parametro del “tenore di vita” richiedono l’individuazione di un parametro diverso cui rapportare “il giudizio sull’ “adeguatezza-inadeguatezza” dei “mezzi” dell’ex coniuge richiedente l’assegno di divorzio e sulla “possibilità-impossibilità” “per ragioni oggettive” di procurarseli” (Cass. Civ., sent. N. 11504/2017). Tale parametro risiede nel raggiungimento della “indipendenza economica” del richiedente tenuto conto del quale si procederà ad un accertamento, nella fase dell’an debeatur, con riferimento all’ex coniuge come singolo individuo, senza riferimento alcuno al preesistente rapporto coniugale, e solo nella fase del quantum debeatur si potrà procedere ad un’analisi comparativa tra le relative posizioni personali ed economico-patrimoniali delle parti secondo i criteri dettati dall’art. 5, co. 6 della Legge 898/1970.
Al fine di accertare la sussistenza o meno del parametro dell’”indipendenza economica” del richiedente l’assegno divorzile, e quindi l’adeguatezza o meno dei mezzi con conseguente possibilità o meno per ragioni oggettive da parte dell’ex coniuge di procuraseli, dovranno essere individuati sulla base di indici ben individuati e fissati, desunti dall’odierna pronuncia giurisprudenziale, comprendenti:
“1) il possesso di redditi di qualsiasi specie; 2) il possesso di cespiti patrimoniali mobiliari ed immobiliari, tenuto conto di tutti gli oneri lato sensu “imposti” e del costo e del costo della vita nel luogo di residenza della persona ch richiede l’assegno; 3) le capacità e le possibilità effettive di lavoro personale, in relazione alla salute, all’età, l sesso ed la mercato del lavoro dipendente ed autonomo; 4) la stabile disponibilità di una casa di abitazione”. Non v’è dubbio a tal proposito come l’onere probatorio, avente ad oggetto i predetti indici, di allegare, dedurre e dimostrare l’insussistenza dei mezzi adeguati, nonché l’impossibilità di poterseli procurare per ragioni oggettive, saranno a carico della parte richiedente con diritto della controparte di proporre eccezione e di fornire prova contraria.
I giudici di legittimità, con la recente sentenza, dimostrano di ritenere il parametro del “tenore di vita”, non più attuale ed oltremodo inadeguato rispetto alle mutate condizioni di vita e, come già si è detto, all’evoluzione sociale della famiglia, che richiedono una più incisiva revisione del dettato normativo in materia di divorzio. La scelta del parametro dell’”indipendenza economica”, in sostituzione del più risalente “tenore di vita”, mostra come si ponga in primo piano l’individuo nella sua singolarità, non già come facente ancora parte di un rapporto matrimoniale oramai estintosi. Ciò che rileva è la capacità del soggetto singolo di essere autosufficiente economicamente ed indipendente, fermo restando l’onere posto a suo carico di dimostrare tali incapacità fornendo elementi probatori idonei a dimostrare la condizione di impossibilità in cui versa.
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