“Per tutte le violenze consumate su di Lei, per tutte le umiliazioni che ha subito, per il suo corpo che avete sfruttato, per la sua intelligenza che avete calpestato, per l’ignoranza in cui l’avete lasciata, per la libertà che le avete negato, per la bocca che le avete tappato, per le ali che le avete tagliato, per tutto questo: in piedi Signori, davanti a una Donna!”
William Shakespeare
Come agisce la legge in caso di violenza sulle donne?
L’inizio delle manifestazioni notturne, a seguito del massacro del Circeo del 29 settembre 1975 (una notte di stupri e violenze bestiali) caratterizzate dal toccante slogan “riprendiamoci la notte”, cominciano a dare la parola in Italia, come nel resto del mondo, alle donne rimaste per troppo tempo in silenzio e conquistano un posto nel dibattito internazionale.
Evoluzione normativa nello scenario internazionale
La Convenzione CEDAW, ovvero la Convenzione sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione della donna, adottata nel 1979 dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite ed entrata in vigore il 3 settembre 1981, è il principale trattato internazionale in materia di diritti umani delle donne e definisce la discriminazione contro le donne come:
“Ogni distinzione, esclusione o restrizione, sulla base del sesso, che ha l’effetto o lo scopo di compromettere o annullare il riconoscimento, il godimento o l’esercizio, da parte delle donne, a prescindere dal loro stato civile, su una base di parità tra uomini e donne, dei diritti umani e delle libertà fondamentali in campo politico, economico, sociale, culturale, civile o in qualsiasi altro campo, senza stereotipo di ruolo di genere.”
La Commissione della CEDAW, l’unico dei comitati di controllo dell’ONU ad essere composto da sole donne, dopo dieci anni esatti dall’attuazione della Convenzione CEDAW, proclamò nel 1989 la Raccomandazione Generale n. 12 (8a sessione, 1989) che impose “agli Stati Parti di adoperarsi per proteggere le donne dalla violenza di qualsiasi tipo esercitata all’interno della famiglia, sul posto di lavoro o in qualsiasi ambito della vita sociale” e di fornire informazioni periodiche al Comitato per ciò che riguarda “la legislazione in vigore volta a proteggere le donne dall’incidenza di ogni tipo di violenza […], le misure adottate per estirpare tale violenza, l’esistenza di servizi di sostegno alle donne che sono vittime di aggressioni o maltrattamenti e i dati statistici sull’incidenza della violenza di ogni tipo contro le donne e sulle donne che sono vittime della violenza”.
Dopo due anni il Consiglio Economico e Sociale dell’ONU affidò al Comitato il compito di stabilire un “strumento internazionale” sulla violenza contro le donne plasmato in base a una seconda Raccomandazione del CEDAW: Raccomandazione Generale n. 19, 11a sessione, 1992.
Adottata dall’Assemblea generale dell’ONU il 20 settembre 1993, la Dichiarazione sull’eliminazione della violenza contro le donne fu uno dei primi risultati ottenuti dalle donne durante la Conferenza di Vienna sui diritti umani. Il primo articolo definisce la violenza sulle donne ogni atto che provochi un danno o una sofferenza fisica, sessuale o psicologica per le donne. Rientrano nella categoria anche le minacce, la coercizione e la privazione della libertà. Si parla di stalking e di stupro, di femminicidio e violenza domestica.
Argomento centrale anche della Conferenza di Pechino, del dibattito della Commissione donne dell’ONU, della Commissione dei diritti umani e, dell’Assemblea generale, fino all’Assemblea del Millennio che pone la lotta contro la violenza sulle donne come uno degli obiettivi principali delle Nazioni Unite del 2000.
La Convenzione sull’eliminazione dei diritti umani appare da questo punto di vista il testo più completo, esprimendo esplicitamente che gli stati devono impegnarsi a “prendere ogni misura adeguata per eliminare la discriminazione contro le donne da parte di qualsivoglia persona, organizzazione o impresa”, inoltre gli stati dovranno “esercitare la debita diligenza nel prevenire, indagare e punire, ai sensi della legislazione nazionale, gli atti di violenza contro le donne, siano essi compiuti dallo stato o da soggetti privati”. Ogni Stato è invitato perciò a “introdurre nella legislazione nazionale sanzioni penali, civili, amministrative e relative al diritto del lavoro, per punire e porre rimedio ai torti fatti alle donne che hanno subito violenza”.
Nel 1995 durante la 23a Assemblea Generale dell’Onu “Donne 2000 – Uguaglianza di genere, sviluppo e pace per il 21° secolo” formalmente nota come “Pechino +5”, i governi hanno ribadito il loro impegno nei confronti della quarta Conferenza mondiale sulle donne del 1995 e di “trattare tutte le forme di violenza contro le donne e bambine come reati penali punibili dalla legge, compresa la violenza fondata su qualsivoglia forma di discriminazione”.
Quadro normativo interno
1996
In Italia la prima legge in materia di violenza sessuale fu la Legge 15 febbraio 1996, n. 66, che cominciò a definire la violenza sulle donne come un delitto contro la libertà personale.
2001
La violenza sulle donne non ha confini… E spesso ha le chiavi di casa.
Per prima fu approvata la Legge 4 aprile 2001, n. 154, con la quale furono introdotte nuove misure di prevenzione e tutela per contrastare i casi di violenza all’interno delle mura domestiche con l’allontanamento del famigliare violento. Nello stesso anno venne ratificata anche la Legge 29 marzo 2001, n. 134 sul patrocinio a spese dello Stato per le donne, prive di mezzi economici, che sono state maltrattate e violentate, in collaborazione con i Centri antiviolenza e i tribunali.
2009
Con la Legge 23 aprile 2009, n. 38 furono inasprite le pene per la violenza sessuale e fu introdotto il reato per atti persecutori come il c.d. stalking. L’articolo 612 bis del codice penale introdotto con Legge n. 38 del 2009 cita testualmente:
“Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque reiteratamente, con qualunque mezzo, minaccia o molesta taluno in modo tale da infliggergli un grave disagio psichico ovvero da determinare un giustificato timore per la sicurezza personale propria o di una persona vicina o comunque da pregiudicare in maniera rilevante il suo modo di vivere, è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione da sei mesi a quattro anni”.
2013
Il primo passo storico compiuto dall’Italia avvenne nel 2013 con la Legge 27 giugno 2013, n. 77 autorizzando la “Ratifica ed esecuzione della Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica” sottoscritta dal nostro Paese il 27 settembre 2012.
La sua struttura è basata sulle “Tre P”:
- Prevenire i reati;
- Proteggere le vittime;
- Punire i colpevoli.
Venne poi approvato l’8 agosto 2013, dal Consiglio dei Ministri, il decreto legge 14 agosto 2013, n. 93 recante “Disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere, nonché in tema di protezione civile e di commissariamento delle province”; successivamente fu convertito con modifiche dalla Legge 15 ottobre 2013, n. 119 che ha aggiornato i sistemi di prevenzione e repressione della violenza di genere.
Come denunciare una violenza sulle donne?
Rivolgiti alle forze dell’ordine!
La querela alla polizia deve essere presentata entro sei mesi ed è irrevocabile in casi di violenza sessuale. In caso di stalking o violenza domestica può essere adottato l’ammonimento del questore, che invita l’accusato a mantenere una condotta conforme alla legge.
L’arresto è previsto in casi di flagranza di reato (commesso poco prima o colto sul fatto), altrimenti è prevista una misura cautelare (divieto di avvicinamento alla vittima, custodia cautelare o arresto domiciliare).
“Il primo problema è che nessun governo, da anni, ha assunto come priorità la violenza contro le donne. È come se il fenomeno fosse normale. C’è assuefazione. A fine anno poi si fanno i bilanci e ci si stupisce. Ma non cambia nulla. È colpa della mentalità, della cultura prevalente: che resta quella proprietaria, del pater familias”
Giulia Bongiorno, ideatrice della fondazione “Doppia difesa”
A partire dagli anni ’70 il movimento delle donne e il femminismo in Occidente sia contro la violenza di genere che contro lo stupro, maltrattamento e qualsiasi violenza domestica hanno cominciato a dare i loro frutti: nascono i primi Centri antiviolenza e le Case delle donne, luoghi dove ogni donna violentata può trovare rifugio e conforto. Nel 2008 è nata la federazione nazionale D.i.Re: Donne in Rete contro la violenza alle donne che riunisce ben 65 Centri antiviolenza.
Cosa può fare AGITER Investigazioni?
AGITER Investigazioni grazie al suo team di esperti e alla sua professionalità può svolgere attività per conto della donna perseguitata ed accertare la violenza da essa subita. Un investigatore privato a Roma, regolarmente autorizzato dall’organo di competenza, ha la possibilità e la capacità legale, in caso di fondato sospetto di reato, di installare microcamere e registratori per documentare una violenza domestica, pur se parliamo di domicilio. Inoltre, in caso di stalking o altri atti persecutori, la vittima è assistita con l’attività del contro-pedinamento: la donna viene controllata dal professionista per verificare la presenza di un eventuale pedinamento da parte di terzi.
Care donne, AMATEVI e ARMATEVI.
Il silenzio uccide la dignità!
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